Tagliatelle con asparagi, crema di datterini e basilico, e ricotta salata

Prima dell’avvento del pomodoro, il più comune condimento della pasta era costituito dal solo formaggio, cui successivamente vennero aggiunti il pepe e l’uovo (Meridione d’Italia); in molte aree si scoprì la bontà del matrimonio fra la pasta, l’aglio e l’olio (agliata); invece in Sicilia si preferirono le sarde, assieme a finocchietto, pinoli, uvetta e zafferrano (sapori d’origine araba); mentre a Genova si sarebbe diffuso l’uso del “pesto”.
Ripercorrendone l’evoluzione bisogna però precisare che le ricette sono ricavate da trattati di gastronomia riferiti alla cucina delle classi più abbienti.
Mastro Martino propone diverse ricette, dai “Maccheroni romaneschi” ai “Maccheroni chi fir (col ferro). Si tratta di pasta preparate con acqua e farina, cotta a lungo nell’acqua bollente (anche due ore), e infine condita generalmente con burro, cacio e spezie dolci. Da ricordare che le regole imposte dalla chiesa per i giorni di magro imponevano che la pasta non fosse cotta in grassi animali (brodo), ma per esempio nel latte di mandorle zuccherate.
Nel Rinascimento il Messisbugo ripropone i “Maccheroni romaneschi” arricchiti però con uova intere, mollica di pane e zucchero, suggerendo: “Li cuocerai in brodo grasso bogliente, et li imbandirai sopra capponi, anatra o altro, con zucchero e cannella, dentro e sopra”.
Tagliatelle con asparagi, crema di datterini e basilico, e ricotta salata
Prima dell’avvento del pomodoro, il più comune condimento della pasta era costituito dal solo formaggio, cui successivamente vennero aggiunti il pepe e l’uovo (Meridione d’Italia); in molte aree si scoprì la bontà del matrimonio fra la pasta, l’aglio e l’olio (agliata); invece in Sicilia si preferirono le sarde, assieme a finocchietto, pinoli, uvetta e zafferrano (sapori d’origine araba); mentre a Genova si sarebbe diffuso l’uso del “pesto”.
Ripercorrendone l’evoluzione bisogna però precisare che le ricette sono ricavate da trattati di gastronomia riferiti alla cucina delle classi più abbienti.
Mastro Martino propone diverse ricette, dai “Maccheroni romaneschi” ai “Maccheroni chi fir (col ferro). Si tratta di pasta preparate con acqua e farina, cotta a lungo nell’acqua bollente (anche due ore), e infine condita generalmente con burro, cacio e spezie dolci. Da ricordare che le regole imposte dalla chiesa per i giorni di magro imponevano che la pasta non fosse cotta in grassi animali (brodo), ma per esempio nel latte di mandorle zuccherate.
Nel Rinascimento il Messisbugo ripropone i “Maccheroni romaneschi” arricchiti però con uova intere, mollica di pane e zucchero, suggerendo: “Li cuocerai in brodo grasso bogliente, et li imbandirai sopra capponi, anatra o altro, con zucchero e cannella, dentro e sopra”.
Istruzioni per cucinare
- 1
In una padella calda mettete un giro d'olio, uno spicchio d'aglio e un peperoncino fresco privato dei semi. Fate insaporire e poi unite i pomodorini tagliati a metà. Salate e fate ammorbidire, Poi togliete l'aglio e il peperoncino. mettete i pomodorini in un bicchiere per mini piper e frullate insieme a abbondate basilico spezzettato e olio a filo. Poi passate al colino a maglie fitte.
- 2
In un tegame portate a bollore l'acqua salata e un goccio d'olio. Inserite gli asparagi dopo avere tolto la parte finale dura e la corteccia. Fate cuocere per 7 minuti e poi immergeteli in acqua e ghiaccio. Poi tagliateli a losanghe e conditeli con olio e pepe (e sale se necessario).
- 3
Mettere a cuocere le tagliatelle in abbondante acqua salata e la salsa nella padella dove poi padellerete la pasta. A un paio di minuti da fine cottura trasferite le tagliatelle nella padella calda dove c'è la salsa. Mescolate delicatamente e poi continuate la cottura aggiungendo acqua di cottura. Quando è quasi pronta aggiungete anche gli asparagi. Terminate la cottura, aggiungete un filo d'olio e padellate. Deve rimanere molto fluida!
- 4
Impiattate aggiungendo una generosa grattugiata di ricotta salata e un filo di olio a crudo. Buon Appetito!
Cooksnap
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Nel 2000 a.C. nella valle dell'Indo, oggi Pakistan, vi era una popolazione che conosceva il limone. Apparve poi in Grecia, come mela della Media (Iran occidentale), nel V sec. a.C. Ritrovamenti fatti nella zona degli scavi di Pompei, farebbero pensare che il limone era già conosciuto in epoca romana. Ne scrisse come mela di media anche Virgilio indicandola quale antidoto contro i veleni. I Romani, probabilmente a causa del sapore acre ed acido del limone, non lo gradirono e del suo uso se ne persero le tracce. La riscoperta del limone si ebbe nell’anno mille, quando gli arabi apprezzandone l'uso alimentare e terapeutico, lo diffusero assieme ad altri agrumi nel Medio oriente. Furono Crociati e pellegrini di ritorno dalla Terrasanta, fra l'XI e il XII sec., a portare alberelli di limone nel sud Italia. Grazie alla vocazione mercantile di Amalfi l'agrume arrivò poi in molti territori della penisola, entrando in ricette di verdure, insalate e dolci. Il limone, oltre ai tanti utilizzi in gastronomia e profumeria, ha diversi usi tramandati di generazione in generazione.Per mantenere bianco lo smalto dei denti, c’era chi li strofinava con la scorza di limone una volta a settimana.Le ragazze per avere capelli splendenti si facevano impacchi d’olio d’oliva con succo di limone.Lo stesso composto spalmato sulla pelle era utilizzato da chi soffriva di eritema solare. Tony Mazzanobile -
Ravioli di basilico e ravioli bianchi ripieni di burrata, con crema di asparagi Ravioli di basilico e ravioli bianchi ripieni di burrata, con crema di asparagi
I Romani sicuramente non conoscevano il raviolo, ma preparavano dei piatti che potevano essere già considerati progenitori della pietanza. Una ricetta del cuoco romano Marco Gavio Apicio chiamata “patinam apicianam sic facies“- torta di Apicio -, era già una specie di raviolo. Secondo gli storici dietro al termine raviolo ci sono diversi equivoci. Dall'interpretazione dei testi medievali sarebbe possibile comprendere che il nome "raviolo" poteva essere sia sinonimo di tortello, quindi un ripieno avvolto nella pasta, che indicare una sorta di impasti o polpette modellate a forma di uovo, cotte in brodo o in grasso. La nascita del termine "raviolo" avrebbe diverse interpretazioni, ad esempio una lo farebbe derivare da "rabiola" cioè piccola rapa, un'altra da "rovigliolo" nel senso di groviglio (per il ripieno). Ma anche se non esistono documenti che la confermino, è l'ipotesi che il raviolo sarebbe stato concepito a Gavi Ligure, quando questo paese-roccaforte apparteneva alla "Repubblica di Genova", il suo primo cuoco sarebbe stato un tal "Ravioli", che è appellativo di famiglie tuttora residenti in zona. Il raviolo è l'unica pasta ripiena di cui si abbia notizia nei secoli XII e XIII. Verso la metà del '300 il Boccaccio lo esalta nel Decamerone fra le leccornie del Paese della Cuccagna: "...stava genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi...". Tony Mazzanobile -
Tagliolini con crema di asparagi, capesante e bottarga Tagliolini con crema di asparagi, capesante e bottarga
Il pepe, originario dell’india, arrivò nel mondo occidentale circa 2500 anni fa, favorito da medici e gastronomi. in molte pietanze dei romani anche se sostituito a volte dal più economico mirto. Si sapeva poco della pianta di pepe che in epoca imperiale si immaginava che fosse raccolto dalle scimmie, poiché la pianta cresceva in luoghi inaccessibili all’uomo. Il frutto del pepe contiene un solo seme che, raccolto non ancora maturo, rappresenta il pepe verde, maturo ed essiccato diventa il pepe nero, mentre liberato dalla polpa è il pepe bianco. Gli antichi, conoscendo solo i grani ma non la pianta, commisero l’errore di credere che pepe bianco e pepe nero fossero due alberi diversi. il pepe era adoperato anche come medicinale, Discoride, Galeno e gli altri medici gli riconoscevano molte proprietà: diuretico, stimolante dell’appetito, digestivo, calmante dei dolori. Ovidio suggeriva a chi fosse sessualmente debilitato: “piper urticale mordacis, semina miscent” (mescolino il pepe con i semi dell’ortica irritante). Il pepe aveva un costo molto elevato, grazie alla sua conservazione senza tempo e alla difficile sofisticazione che poteva subire. Rappresentava una merce rara con cui sovente i vassalli pagavano tributi o riscatti. Sembra che il primo a ricevere questo genere di compenso fu Alarico re dei Visigoti, che per rinunciare alla conquista di Roma (408 d.C.) ottenne tremila libbre di pepe, assieme a cinquemila libbre d’oro e altri beni e territori. Tony Mazzanobile -
Linguine rigate con crema di zucchine, datterini confit e granella di pistacchi Linguine rigate con crema di zucchine, datterini confit e granella di pistacchi
Greci e Romani conoscevano lo zucchero, importato dall’Oriente in piccole quantità, ed impiegato esclusivamente a scopi terapeutici. Furono gli Arabi che lo introdussero in Spagna e Sicilia intorno all'anno mille. Raro e costoso, non entrò nell’uso quotidiano come dolcificante, ma fu trattato alla stregua di una spezia medicamentosa da vendersi nelle botteghe degli speziali.Con l'accrescere della sua importazione, a Venezia molte famiglie si arricchirono a tal punto da essere chiamate "re dello zucchero".Si esigevano pedaggi per il passaggio attraverso i vari paesi, tanto che un pane di zucchero poteva valere quanto un pane d'argento dello stesso peso. La scoperta dell’America, con i suoi ampi territori tropicali, suggerì agli Europei la possibilità di ottenere grandi profitti coltivando la canna da zucchero in Brasile e nelle isole delle Antille. Con la diffusione delle coltivazioni di “canna” anche nelle isole Atlantiche, il costo del “sale dolce” divenne più accessibile, facendo nascere sopratutto in Italia dolci ricchi e fantasiosi. Nel periodo napoleonico venne a mancare a causa del blocco continentale, e si provvide a sostituire lo zucchero di canna con lo zucchero di barbabietola. Per forti interessi protezionistici, lo zucchero di canna tornò a circolare liberamente in Europa soltanto dopo il 1915. Tony Mazzanobile -
Pappardelle con crema di melanzana, datterini gialli confit e zucchine Pappardelle con crema di melanzana, datterini gialli confit e zucchine
Il pomodoro è un ortaggio originario di un’area del continente americano compresa orientativamente tra il Messico e il Perù attuali. Venne importato in Europa attorno alla metà del XVI secolo, quando Hernàn Cortès, rientrando in Spagna, ne portò con sé alcuni esemplari. Dopo circa cinquant’anni, l’ortaggio approdò anche in Italia, dove trovò condizioni pedoclimatiche ideali nella zona meridionale del Paese. Un secolo dopo, quando ormai la coltivazione aveva raggiunto una buona diffusione, le bacche cominciarono a cambiare colore, passando dall’originario colore giallo intenso, al rosso.Come suggerisce il suo stesso nome, dunque, il pomodoro non è sempre stato rosso. Il colore dorato originario oggi, ormai, caratterizza soltanto pochissime varietà, come quella dolce e gustosa che cresce alle falde del Vesuvio. Si tratta di un ecotipo dalle origini antiche che, in questa zona della Campania, viene coltivato da secoli. Grazie agli interventi da parte della Regione e del Parco Nazionale del Vesuvio finalizzati alla conservazione del prodotto, oggi il Pomodorino Giallo è conosciuto e diffuso anche al di fuori dell’areale di produzione e sono sempre più numerosi i mercati di tutta Italia in cui è possibile imbattersi nelle invitanti bacche dorate del Vesuvio. Tony Mazzanobile -
Tagliolini con zucchine grattugiate e crema di gorgonzola Tagliolini con zucchine grattugiate e crema di gorgonzola
#dispensadisettembre.Pasta all'uovo. Già nell'era Paleolitico (40.000 anni fa) cominciarono le prime sperimentazioni della pasta. Poi con l'avvento dell'agricoltura continuarono le sperimentazioni. Dai ritrovamenti nella Grotta Bella a Cerveteri, sappiamo che gli antichi Etruschi erano soliti preparare la pasta in casa. Infatti, i bassorilievi delle nicchie sepolcrali raffigurano l’interno di una casa, nella quale si vedono i mestoli per l’acqua, la tavola spianatoia, il matterello per tirare la sfoglia, le rotelle e i coltelli per tagliarla. Anche i Greci erano abituati a produrre i primi tipi di pasta fresca e qualcosa somigliante alla sfoglia risale appunto al primo millennio a.C.. Con il termine “laganon”. I Poeti Orazio e Cicerone nel 35 a.C. parlavano di una “pasta fatta da strisce larghe di sfoglia a base di grano” condita con i ceci o la carne, le “lagane” appunto, termine dal quale pare che derivi l’odierno “lasagne”. atterriamo a Palermo. Anno 1154, il geografo arabo Edrisi raccontava di “un cibo di farina in forma di fili”, chiamato “triyah” (dall’arabo “itrija”). Pare infatti che la Sicilia fosse grande produttrice di pasta in vari formati. Si presume che il motivo per cui venne introdotto l’uovo nella preparazione della pasta fresca, sia avvenuto da un lato sicuramente per il gusto del prodotto finito e dall’altro la maggior malleabilità ed elasticità del composto durante la lavorazione. Tony Mazzanobile
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